mercoledì 20 maggio 2009

meridiana

Le meridiane sono strumenti impiegati principalmente per indicare l’ora tramite l’ombra di uno stilo proiettata dal Sole. Per questo motivo la loro denominazione più corretta sarebbe quella di orologi solari. L’uso del termine meridiana deriva dal fatto che, tra le più svariate funzioni che hanno svolto nel corso della loro storia millenaria, l’ultimo ruolo di rilevanza e di grande popolarità fu quello, durante tutto il XIX secolo, di fornire specificamente il segnale orario del mezzogiorno
(in latino meridies); sebbene gli orologi meccanici fossero ormai abbastanza diffusi, la loro precisione non era certo quella degli attuali cronometri elettronici, e l’unico riferimento per regolarli era imprescindibilmente di natura astronomica e dispensato dalle meridiane con solerte puntualità. Anche il termine “orologio solare”, d’altra parte, risulta normalmente riduttivo poiché le meridiane forniscono quasi sempre, oltre l’ora, varie altre informazioni per esempio di tipo calendariale o astronomico o geografico. Andrebbero perciò definite, in modo più generale ma più esatto, quadranti solari. I quadranti solari sono dunque, innanzitutto, degli strumenti astronomici che riproducono il cielo e la posizione del Sole in piccolo, ed appartengono a loro volta ad una classe
straordinariamente vasta e varia di dispositivi denominati strumenti gnomonici (come gli astrolabi, le sfere armillari, etc.), concepiti per proiettare fisicamente i grandi fenomeni celesti su schermi accessibili, proporzionati alla nostra minuscola portata fisica, per poterli analizzare e interpretare.
Tutte le antiche civiltà (Cinesi, Indiani, Assiri, Babilonesi, Celti, Inca, Maya, Atzechi e altri ancora) hanno praticato la gnomonica in epoche in cui il sapere non era frazionato e specialistico; scienza, arte, religione e magia confluivano; gnomonica, astronomia e astrologia avevano un solo nome.
L’architettura monumentale dell’antichità mitica, preistorica e storica, aveva un’impostazione generale squisitamente gnomonica: piramidi, colossi, templi erano tutti sapientemente orientati. L’Europa è cosparsa da monumenti megalitici preistorici: i menhir (pietre erette verticalmente),
i dolmen (due o più menhir portanti un’architrave) e i cromlech (complessi circolari o poligonali formati da vari dolmen, menhir e fossati concentrici). La più famosa di queste strutture è Stonehenge, presso Salisbury, in Inghilterra; la sua funzione strumentale era innanzi tutto quella di determinare con esattezza solstizi ed equinozi, ma la sua configurazione centrale e proiettiva si prestava, oltre alle osservazioni del cielo, alla determinazione simbolica e rituale di un centro del cosmo come centro di se stessi.
I culti solari dell’antico Egitto celebrarono la gloria del dio Ra con un repertorio vastissimo di opere gnomoniche. Nel tempio di Ramses II, ad Abu-Simbel, del XIII secolo a.C., un corridoio orientato collegava l’ingresso, ai piedi di quattro colossi scolpiti nella roccia, con la stanza centrale; due giorni all’anno (il 20 ottobre e il 20 febbraio) il Sole nascente penetrava le viscere della montagna per illuminare la statua del faraone, a celebrarne i fasti e la divinazione. Agli stessi antichi Egizi dobbiamo il primo orologio solare vero e proprio, il merkhet, che risale al XV secolo a.C.: era un oggetto a forma di L o di T, che permetteva di interpretare l’altezza del Sole sull’orizzonte. Fu talmente diffuso che la scrittura geroglifica utilizzava la sua figura per esprimere il significato di “ora”.
I Greci ereditarono, tramite la civiltà cretese e micenea, il patrimonio culturale dell’Egitto e della Mesopotamia, e in particolare il loro bagaglio gnomonico, astronomico e geometrico, che seppero eccellentemente sfruttare e sviluppare. Il pensiero greco infatti elaborò le teorie di interpretazione e di rappresentazione della realtà che costituiscono la base della cultura occidentale: tutti i campi del sapere si avvalgono infatti ancor oggi significativamente di un lessico etimologico greco, cui non sfugge, appunto, il termine “gnomonica”. La costruzione del primo quadrante solare greco viene attribuita ad Anassimandro di Mileto (610-546 a.C.), ma molti altri filosofi-scienziati, come Anassagora (499-428 a.C.), Metone (V secolo a.C.), Democrito (460-360 a.C.), si occuparono dell’esplorazione dei principi matematici della gnomonica e della loro applicazione. Nel III secolo a.C., con le guerre puniche, giunsero anche a Roma i primi quadranti, prede di guerra dalla Magna Grecia e da Cartagine, in perfetta sincronia con l’innesto della civiltà greca in quella latina.
Nel 9 a.C. l’imperatore Ottaviano Augusto fece costruire in Campo Marzio un gigantesco quadrante solare orizzontale, utilizzando come gnomone un obelisco egizio del VI secolo a.C. depredato ad Eliopoli. Gli allagamenti, i terremoti e l’incuria si alternarono nei secoli ai restauri e ai recuperi, fino alla completa edificazione dell’area demarcata. Alla fine del 1700 papa Pio VI fece spostare definitivamente l’obelisco in piazza Montecitorio, dove è situato tuttora, di fronte alla Camera dei Deputati. Col declino dell’impero romano, la civiltà occidentale tracollò verso i secoli bui dell’alto medioevo, e l’apparente regressione delle arti e delle scienze non escluse la gnomonica. La sua pratica si affievolì, per sopravvivere quasi unicamente in quelle roccaforti dello spirito e dell’intelligenza che furono le abbazie e i monasteri. San Benedetto da Norcia (480-547 d. C.) fondò nel 529 il monastero di Montecassino, fissandone la Regola; il tempo dei monaci viene rigorosamente suddiviso in ore canoniche per la preghiera, per il lavoro e per il riposo. A tale scopo perdurò l’uso di quadranti solari in funzione di semplici orologi, spesso rudimentali, ma sempre proficui nell’esprimere la devozione di chi si conforma alle leggi del cielo e alla volontà di Dio.
Per secoli in Europa non furono più costruiti quadranti solari di rilievo. Nel frattempo i veri custodi e promotori del patrimonio gnomonico classico furono gli Arabi, e solo i contatti con il mondo islamico dei califfati spagnoli e le crociate restituirono finalmente all’occidente cristiano la “conoscenza dello gnomone”,per di più arricchita da originali metodi matematici. Da IX al XIV secolo riprese gradualmente il cammino delle arti e delle scienze verso il Rinascimento. La rifioritura della gnomonica venne man mano promossa dall’uso rinnovato degli orologi solari e delle clessidre, dall’invenzione di nuovi quadranti solari e degli orologi meccanici, dall’applicazione di nuovi sistemi orari. Nel 1582 Papa Gregorio XIII riformò il calendario giuliano, disponendo l’uso degli anni bisestili e correggendo la data (a venerdì 4 Ottobre di quell’anno, seguì sabato 15 Ottobre); tale emendamento fu necessario per ripristinare e fissare la data dell’equinozio di primavera intorno al 21 Marzo, e in base a quest’ultimo calcolare correttamente la Pasqua (la domenica successiva al primo plenilunio di primavera) secondo il calendario lunisolare ecclesiastico, come stabilito dal Concilio di Nicea nel 325 d.C. Il XVII e il XVIII secolo furono veramente solari: la gnomonica raggiunse un apice storico sia in termini di raffinatezza tecnica e artistica, sia in termini di diffusione. In particolare, durante il periodo barocco fu prodotta la gamma più vasta e disparata di quadranti, i più geniali, per celebrare con una splendida metafora la manifestazione del divino nella bellezza, nella molteplicità delle forme e, soprattutto,nell’intelligenza dell’uomo, lo strumento ideale per proclamare le proporzioni auree, le leggi celesti e la perfezione dello spirito. Durante il periodo illuminista si ebbe la massima diffusione e popolarità degli orologi solari, al servizio di una società che mirava ad organizzare razionalmente le proprie attività.
Nell’Ottocento gli orologi meccanici prevalsero su quelli solari, ma molte meridiane (quelle propriamente dette) furono ancora realizzate per regolare i congegni, poiché gli unici riferimenti universalmente disponibili per la cronometria continuavano ad essere soltanto correlati alla posizione degli astri. Così si avvalsero ancora dei quadranti solari le istituzioni pubbliche,la paleoindustria e le ferrovie, fino ai primi decenni del Novecento. Nel 1925, infine, l’URI (Unione Radiofonica Italiana) iniziò le sue trasmissioni lanciando il segnale orario via etere, esonerando in tal modo la gnomonica anche da quest’ultima mansione.

Così la “nobile arte della luce e dell’ombra” ha attraversato secoli alterni di illuminata applicazione e di oscura impopolarità, per approdare infine, al nostro, caratterizzato da profondi mutamenti.
Le recenti conquiste della fisica moderna e della tecnologia elettronica hanno prodotto infatti un’ampia ridefinizione formale dei vari settori scientifici, incluse l’astronomia e la cronometria, relegando esclusivamente all’ambito storico, artistico e didattico, gli strumenti solari, ormai superati funzionalmente per la loro portata e concettualmente per la loro metodologia di origine empirica. L’unità di tempo, il secondo, era definito fino al 1956 come 1/86.400 del giorno solare medio; quell’anno venne più precisamente ridefinito come 1/ 31.556.925,9747 dell’anno tropico 1900; nel 1984, infine, l’Italia aderì ufficialmente alla convenzione del Tempo Atomico Internazionale, per cui un secondo è determinato dall’”intervallo di tempo che contiene 9.192.631.770 periodi della radiazione corrispondente alla transizione fra i due livelli iperfini dello stato fondamentale dell’atomo di Cesio 133”.
Già l’avvento della luce elettrica aveva irreversibilmente allontanato l’uomo dal Sole, dilatando il tempo della sua attività fino a trasformarne il ritmo in flusso. Nell’epoca attuale l’uomo ha sviluppato una nuova coscienza del tempo, adottandone un nuovo uso e alienandolo dalle celesti connotazioni originarie. Oggi la gnomonica, convenientemente dispensata dalle autorevoli mansioni fisiche del passato, si rinnova nella sua intatta e preziosa funzione simbolica. In questa veste si ripropone all’uomo del terzo millennio, tecnologicamente evoluto, ma inquieto e primitivo nella conoscenza di sé, per riconnetterlo ancora una volta ai ritmi e agli orientamenti concreti del cosmo.